lunedì 6 settembre 2010

The Snatch




Infiliamo una curva dietro l'altra, per l'ultima volta di questa estate.
A ovest un disco vermiglio, ad est un disco latteo, si fronteggiano. Noi nel mezzo, scivoliamo sulla striscia nera dell'asfalto. Stiamo attaccati alla terra per una forza di gravità che non capiamo fino in fondo, ma che ci fa il favore di tenerci lì.
Piega a destra: Luna. Piega a sinistra: Sole. E via così per chilometri, nell'aria fresca del tramonto.
Non c'è una nuvola e pure piove, dai miei occhi. Strano fenomeno atmosferico. In realtà gli occhi sono come le fontane, l'acqua, le lacrime, arrivano da qualche parte più remota, dal cuore, o dal fegato, come pensano i cinesi, che si sa non sono molto romantici.
Il vento soffia contro, come una forza magnetica che asseconda la mia fatica al distacco. Tutto sembra rallentare la nostra corsa verso il porto, verso un mare che tra poche ore non sarà più il mio, non avrà lo stesso nome, e poi domani comunque non vedrò più per lunghi mesi.
Penso alle Everglades, agli alligatori, ai Seminole. Mi sento come allora. E' la consapevolezza di allontanarsi dalla natura e da se stessi, e fa male. Per andarmene devo lasciare qualcosa qui, lo faccio ogni volta, prima o poi non avrò più nulla da cedere e allora dovrò rimanere, finalmente prigioniera.
All'orizzonte scorgo già le ciminiere, mi mettono più tristezza di quando le vedevo tutti i giorni. Un filo, l'ultimo mi tiene ancora, con un'accellerata lo spezziamo e siamo già via.

giovedì 13 maggio 2010

La nostra tribù



I giorni sono volati lievi lievi... siamo passati, sulla mia terra, leggeri...
Tutti i nostri meravigliosi "accudiddi" (leggi "stranieri, acquisiti") si sono uniti ai nativi, per stringerci in un abbraccio lungo sette giorni.
L'ottavo giorno il cielo ha pianto con noi, perchè soffriva il distacco, il rientro alla città.

In ognuno di quei giorni abbiamo ricevuto innumerevoli segni di affetto, fratellanza, amicizia.
Abbiamo riso e pianto.
Abbiamo fatto il bagno al mare e sotto la pioggia.
Abbiamo mangiato e bevuto, cantato e ballato.
Ci siamo emozionati allo spettacolo della natura, anche di quella umana, e di quella divina.

Abbiamo piantato un seme, e anche nella mia terra sempre battuta dal vento, quel seme germoglierà e diventerà albero, perchè la nostra tribù non smetterà di occuparsene, magari a turno, se la vita ci impegnerà troppo.

Grazie a tutti, genitori, fratelli, parenti, amici, vicini.
Grazie a tutti quelli che ci hanno regalato un sorriso, a chi ci ha accolto, anche senza conoscerci.
A chi ha capito il perchè di tutto e a chi è venuto per capire.

Grazie a chi non c'era con il corpo ma era con noi con il cuore.
Tutti ci avete accompagnato ieri, ci accompagnate oggi, e sarete con noi domani...

e noi con voi...

Maura e Enrico

mercoledì 24 febbraio 2010

Home sweet home



Una volta mi dissi che per me "casa" era quel luogo destinato a trovarsi vicino al cuore ma lontano dal corpo.
E non perchè non potessi raggiungerlo fisicamente, quanto perchè, una volta raggiunto si spostava in quello che avevo appena lasciato!
Erano idee giovanili e di fuga, forse, motivate dal desiderio di non fermarsi e cercare sempre più in là un nuovo posto in cui stare. Mi sentivo come l'Olandese di Leopardi.
Oggi, per fortuna, mi sento "a casa" in molti posti, tutti quelli in cui si respirano serenità, affetto, forti legami, ma c'è un posto che è "più casa" di tutti gli altri, ed è a Palmadula, piccolo paesino a pochi passi dal mare, nella mia amata terra sarda.
E' più casa per tanti motivi, familiari, ereditari, storici persino (con la s minuscola, la nostra piccola storia) per gli abitanti che vivono intorno a me, familiari (quasi tutti) e amici.
La sensazione che ho quando varco il cancelletto del giardino è sempre quello di una tessera che torna al suo posto.
L'odore del mare, del mirto, degli ulivi. Il suono degli oleandri mossi dal vento. La voce delle tortore che si cercano al mattino. Il silenzio meraviglioso della notte e il canto del gallo all'alba. Il rumore dei ricordi del vociare in giardino. La ruvidità setosa del mio amato pino marittimo. Il colore dell'ibiscus in fiore. C'è tutto quello che i sensi chiedono alla natura, ciascuno soddisfatto a modo suo.
La casa abbraccia e accoglie noi viandanti, stanchi dalle circumnavigazioni che la vita ci richiede tutto l'anno, e là riprendiamo le forze, stringiamo amicizie, dimentichiamo le fatiche e le amarezze.
Lei è e sarà sempre la nostra casetta D'Este.